Copriamo anche la “signorina”
Eh sì, perché le forme sinuose della ‘signorina’, soprattutto – inutile precisare – al posteriore, potrebbero suscitare sconcerto e turbamento fra le comunità ospitate nel Bel paese. Non vogliamo mica ferire la sensibilità di nessuno, sempreché s’intende, sia pronto ad allentare i cordoni della borsa.
Ma certo, facciamolo, anche se non richiesto, anche quando l’ospite appartenga a una cultura più antica della nostra, magari con una raffinata tradizione artistica alle spalle, peraltro nemmeno estranea al nudo. Facciamolo comunque, anche a rischio di offenderlo, dando l’impressione di averlo scambiato con uno di quella banda di invasati semideficienti che tra una svantagliata di AK e uno snuff movie si concedono anche qualche sana scorribanda iconoclasta.
Cosa importa se, nel caso specifico, l’ospite è a capo di un clan di sgherri oscurantisti, torturatori e assassini sul libro paga di quello che fino all’altro ieri era uno stato canaglia. Se nel suo paese circa 500 fra giornalisti, poeti e registi sono in gabbia per reati d’opinione e fra questi una ventina in attesa della forca; se a casa sua si finisce impiccati per omicidio, ma anche per reati di natura politica, corruzione e persino adulterio e omosessualità. Chissenefrega poi se oggi più che mai il nostro patrimonio artistico è cosa da mostrare con orgoglio e la sua difesa una priorità inderogabile. Conta mettere l’ospite a proprio agio, evitare ogni imbarazzo e quindi il rischio di mandare a troie l’affare. Suvvia, anche a costo di doverci turare il naso, facciamolo!
Ecco fatto. Tanto si sa, l’odore dei quattrini sovrasterà ogni lezzo e per primo quello profuso dai cacasotto del governicchio mentre si prostrano al barba. Pensateci: messi nelle sue mani, tra cornuti, sodomiti, cocainomani e corrotti a palazzo ne rimarrebbero in quattro.
Beh… quasi quasi: se non altro si farebbe in un attimo a stanare il pirla che combina castronerie di questa portata. Perché a dirla tutta è ancora ignoto il committente di cotanto capolavoro di ottuso servilismo.
Un capolavoro vero e proprio non c’è che dire, tant’è che viene il dubbio che sotto non ci sia dell’altro. Vuoi mettere… E se ci sbagliassimo tutti quanti? E se la cosa fosse stata in qualche modo voluta: chessò magari un’operazione d’arte concettuale, un impacchettamento alla Christo, una scultura mutila alla Cattelan.
Ecco, a proposito. Se è così io un’idea ce l’avrei. La prossima volta anziché nascondere in cantina, o coprire e velare alla ricerca di emicraniosi effetti che rischiano di deludere e confondere, tirate fuori invece, le palle intanto, ma soprattutto l’arte, che tanta ce n’è, che talmente piene le abbiamo (esatto: delle vostre stronzate). E puntate su opere più dirette, di immediata fruizione come direbbero gli esperti, e soprattutto più adatte all’occasione. Ecco, un pezzo come questo per intenderci:
E intanto che giocate allo scarica barile e vi impegnate a distrarre con le solite cazzate gli italiani dall’ennesima figura di merda planetaria cucita loro addosso, fateci questo piacere: dopo Piazza Affari che sia la volta di Palazzo Chigi. Chissà che a vederla ogni giorno non filtri piano piano nella testa (non solo di quei quattro si spera) l’idea della cosa migliore da farsi per il bene di tutti. Non vi faccio il disegnino, avete già la foto*.
ps. Lo so, cari alfisti: lo squalo verde mutandato vi incuriosisce non poco: ve ne dirò prossimamente, appena si torna a parlare di cose serie.
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* Come si legge in calce alla stessa, la bella fotografia della scultura di Maurizio Cattelan è di Alberto Cane, che ringrazio e rassicuro circa la mia piena disponibilità a rimuoverla qualora mi venisse (da lui) richiesto.
Apprezzo e condivido!
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Conforme. Non avrei saputo dir meglio.
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