Macerata ferita e sgomenta
Lo sanno tutti, fino in Cina, cos’è successo in questa sonnecchiante città di provincia italiana: inutile richiamare ancora una volta le immagini truci o rifare la cronaca di una mattinata di follia razzista. Inutile commentare, perché ogni commento rischia di fare ingenuamente l’eco alla disgustosa strumentalizzazioni elettorale in corso, di chi parla da destra o manca e persino di chi tatticamente tace.
E proprio per questo, perché di fronte a tanto orrore non si può tacere, una cosa va detta. Questa non è una faccenda di ordine pubblico: è una faccenda dannatamente politica. Inutile puntare il dito contro chi ha delle responsabilità immediate – e ce ne sono. Inutile chiedersi come mai uno spacciatore nigeriano ben noto, con permesso di soggiorno scaduto, fosse ancora qui tra noi, a piede libero. Inutile chiedersi come mai un tizio definito “border line” dallo psichiatra che lo aveva in cura avesse ancora il porto d’armi.
Le responsabilità sono a monte, in alto, ma nessuno di noi può tirarsi fuori. Sono di chi ha portato allo sfacelo la Legalità e la Giustizia nel Paese. Di chi ha legato le mani ai giudici e lodato a parole le forze dell’ordine affamandole nei fatti. Di chi ha diligentemente ubbidito quando è giunto l’ordine di “fare la nostra parte” per destabilizzare l’Africa e ha poi lucrato sulle deportazioni di massa cinicamente ridefinite ‘migrazioni’. Non possiamo tirarci fuori perché… certo, alcuni di costoro sono stati al potere perché garbatamente golpisti, ma altri ce li siamo scelti. E qualcosa mi dice che stiamo per rifare lo stesso errore.
Abbiamo giusto un mese per pensarci. Non so voi ma io, che davanti alla vetrata di quel bar ci sono passato 10 minuti prima che spuntassero quei due fori, ci penserò ogni mattina, col caffè, amaro.